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40 anni di Opel Kadett-E

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Presentata 40 anni fa l’ultima generazione di Opel Kadett, Eletta Auto dell’Anno 1985. Strepitolo successo commerciale della versione Station Wagon. 283.184 esemplari venduti in Italia da Autunno 1984 a Primavera 1992-

 

Quando fu presentata nell’Agosto 1984, Opel Kadett-E, quinta generazione Kadett del Dopoguerra. si rifaceva al modello precedente più di quanto l’inedita carrozzeria cuneiforme, vagamente a goccia, lasciasse presupporre. Spigoli arrotondati, paraurti integrati ed assenza di grondaine erano solo la traduzione visibile ed aggiornata dell’idea che Opel aveva introdotto cinque anni prima con la Kadett-D: carrozzeria aerodinamica, abitacolo spazioso, motori moderni e trazione anteriore erano infatti un patrimonio anche della nuova serie.

Per confrontarsi meglio con le dirette concorrenti, oltre a preparare una nuova versione GSi ad alte prestazioni che raggiungeva i 203 km/h, Opel volle incrementare il vantaggio che Kadett aveva già in fatto di abitabilità senza per questo variare sostanzialmente gli ingombri esterni. Lunga esattamente come il modello precedente, la nuova Kadett-E era più larga di appena 2 centimetri. Nondimeno poteva contare su un bagagliaio della capacità di 390 litri che raggiungeva addirittura il metro cubo ripiegando il sedile posteriore.

Per definire la migliore forma aerodinamica gli ingegneri Opel trascorsero 1.200 ore nelle gallerie del vento, ma il risultato finale fu all’altezza dell’impegno profuso: Kadett-E aveva un coefficiente di penetrazione aerodinamica (Cx) di 0,32 che sarebbe poi sceso addirittura a 0,30 nella versione sportiva GSi. Più che soddisfacente anche il risultato ottenuto con la station wagon (0,35).

Inizialmente la nuova Opel Kadett-E (e la “sorella” inglese Vauxhall Astra) fu prodotta con due soli tipi di carrozzeria: berlina due volumi e station wagon. Nondimeno, combinando fra loro tre diversi motori (1.200 da 55 CV, 1.300 da 75 CV e 1.600 Diesel da 55 CV) ed altrettanti allestimenti, fu subito possibile proporre al pubblico italiano 9 versioni differenti (4 berline e 5 station wagon), oltre ad un derivato commerciale con prezzi a partire da 11.582.000 Lire.

I propulsori non differivano sostanzialmente da quelli adottati sulle precedenti Kadett-D. Si trattava infatti della più recente generazione dei monoalbero Opel con monoblocco in ghisa e testata in lega leggera ed albero a gomiti su 5 supporti. Per il mercato italiano si scelsero le versioni più potenti alle quali si aggiunse di lì a poco con l’introduzione della sportiva GSi il 1.800 tipo 18 SE ad iniezione da 115 CV (85 kW).

L’impostazione meccanica era quella della serie precedente (motore trasversale, trazione anteriore) abbinata un cambio a 5 marce. Le sospensioni anteriori erano sempre di tipo McPherson, ma con la variante del triangolo inferiore in lamiera stampata, soluzione che permetteva di non dover montare anche una barra anti-rollio. Quelle posteriori avevano bracci longitudinali stampati ed interconnessi mediante una trave, che fungeva anche da elemento stabilizzante, molle coniche ed ammortizzatori non coassiali. L’impianto frenante era misto (dischi anteriori, tamburi posteriori), sdoppiato e servoassistito su tutte le versioni. L’adozione di silent-block di maggiori dimensioni favoriva la leggerezza di guida ed il comfort. Un discorso a parte merita la Kadett-E Station Wagon, destinata presto a diventare la versione più richiesta in Italia dell’intera gamma Opel che stabilizzatori anteriori e posteriori che le consentivano di trasportare carichi fino a 595 kg.

A fine anno la Kadett-E conquistò il titolo di Auto dell’Anno con 326 punti contro i 261 della seconda classificata. Nelle venti precedenti edizioni della manifestazione poche altre volte si era vista una superiorità altrettanto netta. Una superiorità che non emergeva solo dalla quantità dei voti assegnati (il 64% del massimo disponibile), ma anche dalla loro qualità, visto che 27 dei 51 membri della giuria di 16 Paesi europei avevano posto la Opel Kadett-E al vertice delle loro preferenze. «La nuova Kadett» commentava il giornalista e giurato olandese Fred Van der Vlug «è il miglior concetto mai lanciato dalla Opel, un’automobile con buone prestazioni, eccellente maneggevolezza e facilità di guida e in più un’aerodinamica di prima categoria che aggiunge una dimensione extra al comfort e all’economia. Si tratta anche, senza alcun dubbio, di una vettura affidabile».

Il 1985 vide l’introduzione della sportiva versione GSi, riconoscibile per la mascherina sottile al centro della quale spiccava il logo GSi, lo spoiler sul portellone, le bandelle aggiunte inferiormente alle fiancate ed i paraurti-spoiler anteriore e posteriore. Il risultato era un coefficiente di penetrazione tra i migliori della sua classe (Cx 0,30) che raggiungeva i 203 km/h. La Kadett-E 1.8 GSi era dotata inoltre di radiatore dell’olio, cambio a 5 rapporti ravvicinati, freni anteriori a disco ventilato, ammortizzatori a gas, barra stabilizzatrice al retrotreno.

ll motore 1.800 spalancò le porte ad una presenza sempre più massiccia dell’iniezione sulla Kadett e di conseguenza all’adozione del catalizzatore su tutte le versioni della gamma. Già nell’Aprile 1985 la Opel presentò una Kadett equipaggiata con il nuovo motore tipo C 13 N ad iniezione centralizzata Multec (acronimo di Multiple Technology) e di convertitore catalitico a tre vie che faceva di Opel Kadett-E una delle prime vetture della sua cilindrata equipaggiata di serie di marmitta catalitica, ma soprattutto indicava la strada del catalizzatore che la Casa tedesca sarebbe stata tra le prime in Europa a percorrere.

A fine anno Opel presentò anche la versione con carrozzeria tre volumi / 4 porte della Kadett-E (Vauxhall Belmont nel Regno Unito) che in Italia fu lanciata con il significativo slogan “Oh, dolce stil novo. Nasce la nuova berlina”. La vettura era proposta in Italia con prezzi a partire da 12.742.000 lire.

All’inizio del 1987 la Opel presentò una nuova versione della Kadett-E GSi equipaggiata con un’edizione maggiorata da 1,8 a 2,0 litri del 4 cilindri monoalbero ad iniezione. Il nuovo motore di 1.998 cc (tipo 20 SEH) aveva dimensioni interne perfettamente quadre ed utilizzava pistoni, bielle, albero motore di nuovo tipo. Diverso era anche il disegno della camera di scoppio. L’iniezione LE-Jetronic era stata inoltre sostituita dalla Bosch Motronic ML 4.1, un sistema elettronico più sofisticato in quanto capace di gestire anche l’accensione. Tutto ciò aveva portato ad un aumento di 15 CV della potenza massima – salita a 130 CV (96 kW) a 5.600 giri/minuto – e della velocità massima che ora era di 206 km/h. In Italia fu importata solo la versione a 3 porte, posta in vendita a 18.129.000 Lire.

Nella Primavera dello stesso anno la gamma si arricchì anche dell’originale Cabrio “by Bertone”, progettata dalla Opel in collaborazione con la carrozzeria torinese e costruita nello stabilimento Bertone di Grugliasco (Torino). Il grande roll-bar era senza dubbio l’aspetto più appariscente della Kadett-E Cabrio ed al tempo stesso l’espressione visibile dell’impegno che i progettisti italiani e tedeschi avevano dedicato alla sicurezza. Da un lato la presenza di questa struttura in acciaio saldato al pianale proteggeva i passeggeri in caso di ribaltamento, dall’altro aumentava la robustezza della struttura delle fiancate. Il roll-bar forniva inoltre un ideale punto di attacco superiore per le cinture di sicurezza. «Grazie ai rinforzi montati sulle porte e sul tunnel centrale ed ai longheroni sul cruscotto» spiegava all’epoca Gunter Zech, direttore del Centro Sicurezza Opel «è stato possibile ottenere una sicurezza paragonabile a quella della berlina. In questi punti sono stati saldati degli elementi scatolati che garantiscono la solidità della scocca anche senza la presenza del tetto in acciaio».

Alla ricerca di ancora maggiore potenza, nella Primavera del 1988 la Opel presentò un’ulteriore evoluzione della GSi equipaggiata con un 2 litri bialbero da 156 CV (115 kW) con testata in alluminio e 4 valvole per cilindro. Valvole di scarico trattate al sodio per garantire una maggiore resistenza alle alte temperature, punterie idrauliche ed un nuovo sistema di gestione elettronica (la Bosch Motronic M 2.5) erano le altre innovazioni introdotte con il bialbero tipo 20 XE che aveva peraltro le stesse misure interne del monoalbero tipo 20 SEH.

La ricerca di una più fresca immagine di marca non aveva fatto dimenticare alla Opel i suoi clienti tradizionali, attenti ad automobili solide, affidabili ed economiche da gestire. Accanto alle Cabrio, alle GSi e ad una Station Wagon sempre più di moda, la Casa tedesca presentò alla fine del 1988 due nuovi motori a gasolio di avanzata concezione che sostituirono il 1.600 Diesel.

Il primo, siglato TC4 EC1, era un compatto turbodiesel ad iniezione indiretta con intercooler di appena 1.488 cc che sviluppava 72 CV (53 kW) che consentivano alla Kadett di raggiungere velocità nell’ordine dei 165-170 km/h. Ad esso fece seguito, poche settimane dopo, il motore tipo 17 D, un 1.700 Diesel aspirato e già impiegato con successo sulla berlina Vectra. Aveva una cilindrata di 1.699 cc e sviluppava 57 CV (42 kW). Studiato particolarmente per l’avviamento ed il funzionamento alle basse temperature, era dotato di pompa d’iniezione Bosch VE 4/9 e di un sistema completamente automatico per l’avviamento a freddo. Un dispositivo elettronico per il controllo del minimo ed una valvola interrompevano il flusso del gasolio consentendo lo spegnimento del motore senza l’inerzia tipica del Diesel.

La grande rivoluzione iniziò il 24 Aprile 1989 quando la Opel AG annunciò che da quel momento tutti i modelli della Casa tedesca sarebbero stati disponibili anche in versione “catalizzata”. La decisione, presa spontaneamente (senza cioè la “pressione” dell’entrata in vigore di nuove normative), oltre ad anticipare i tempi, costituiva senza dubbio un autentico atto di fede nei confronti del convertitore catalitico, a quell’epoca ancora assai poco diffuso nella maggior parte delle automobili di produzione europea. D’altro canto la Casa tedesca non faceva che prendere atto di quello che era ormai un dato di fatto. Già nel 1988 il 49% delle Opel prodotte era fornito di catalizzato­re. Tale quota sarebbe salita al 65% nel 1989 per superare il 97% l’anno successivo.

In Italia, la prima Kadett “catalizzata” fu messa in vendita a Novembre. Si trattava di una berlina LS a 4 porte equipaggiata con un motore di 1,6 litri ad iniezione elettronica. Il prezzo venne fissato in 15.999.000 Lire, 800.000 Lire meno della corrispondente versione con scarico convenzionale.

Il 23 Ottobre 1989 fu un altro giorno speciale per la Opel Kadett: dalla fabbrica tedesca di Bochum uscì infatti una Station Wagon 1.6i di colore grigio platino che era la diecimilionesima Kadett prodotta nel Dopoguerra. La Kadett era la quinta automobile la cui produzione raggiungeva i 10 milioni di esemplari.

Al progressivo imporsi della Kadett sulla scena mondiale corrispose il graduale ampliarsi delle sue basi produttive. Negli ultimi tempi la fabbrica tedesca di Bochum era divenuta infatti il baricentro della produzione della Kadett-E che veniva costruita anche ad Anversa (Belgio), Azambuja (Portogallo), Ellesmere Port (Gran Bretagna) e Saragozza (Spagna). Non solo. In Brasile era prodotta una Kadett-E equipaggiata con un motore 2 litri capace di funzionare sia a benzina che a metanolo.

Nell’Ottobre 1989 la Opel abbandonò il motore tipo 13 S di 1.300 per adottare anche sulla Kadett-E il 1.400 monoalbero con testata in alluminio tipo 14 NV adottato l’anno prima sulla Vectra. La maggiore cilindrata (1.389 cc), ottenuta aumentando la misura dell’alesaggio senza variare quella della corsa, non aveva modificato la potenza massima che era sempre di 75 CV (55 kW). Nondimeno proprio l’aumento della cilindrata ed una serie di migliorie atte a ridurre gli attriti interni avevano aumentato l’elasticità di funzionamento del motore.

Il motore Opel 14 NV fu praticamente l’ultimo motore a carburatori (doppio corpo invertito Pierburg oppure AC Delco 2E3) montato su una Kadett. Dall’inizio degli Anni ’90 infatti l’adozione sempre più generalizzata del convertitore catalitico a tre vie impose infatti l’uso di motori ad iniezione elettronica (che la Opel contraddistingueva con il suffisso C nella sigla di identificazione). Unica eccezione il motore tipo 12 SC di 1.196 cc, non importato in Italia, che utilizzava un carburatore monocorpo.

Nei Paesi dove la benzina senza piombo era facilmente reperibile Opel poté pertanto proporre Kadett-E equipaggiate con motori catalizzati come il tipo C 14 NZ di 1.389 cc, il tipo C 16 NZ di 1.598 cc ed il tipo C 18 NZ di 1.796 cc ad iniezione centralizzata Multec oppure come il tipo C 20 XE a 16 valvole di 1.998 cc ad iniezione elettronica multi-point Bosch Motronic M 2.5.

Nel 1990 la Opel vivacizzò l’interesse del pubblico verso la Kadett-E realizzando una serie di “edizioni speciali” come la Champion, versione elegante della sportiva GSi 16V, e la Life, basata sulla berlina a 4 e 5 porte. In Italia non arrivarono invece le “speciali” Beauty, Frisco e Fun.

La fine della Kadett era però segnata. In ossequio ad una strategia d’immagine secondo la quale tutti i modelli Opel dovevano avere un nome che terminava con la lettera A, la nuova media della Casa tedesca avrebbe infatti assunto il nome Astra, adottato da tempo per il corrispettivo modello Vauxhall. Quando il 20 Luglio 1991 l’ultima Kadett-E uscì dagli stabilimenti di Bochum erano state prodotte 3.878.000 Kadett-E e 603.000 Vauxhall Astra. In Italia furono vendute complessivamente 283.185 Kadett-E.

Eppure la storia della Kadett non era ancora finita. Per oltre un anno proseguì infatti, parallelamente alla produzione delle nuove Opel/Vauxhall Astra, la costruzione della Kadett-E Cabrio che ancora nel 1992 fu oggetto di ulteriori aggiornamenti.

 

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